Nuove mutazioni in SLA e DFT

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 23 aprile 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio genetico della sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e della demenza frontotemporale (DFT), due gravi patologie neurodegenerative correlate e non di rado associate, è un campo di difficile cimento, nel quale si sta faticosamente componendo un mosaico di dati che poco a poco comincia a delineare figure concettuali dei processi molecolari alla base di un unico spettro clinicopatologico. In questo ambito, un lavoro di notevoli proporzioni, che ha visto la cooperazione di ricercatori europei, americani e australiani facenti capo a 34 diversi istituti scientifici, è approdato alla definizione di un nuovo locus genico di malattia.

Gli aggregati di proteine ubiquitinate, di cui TDP-43 è il costituente principale, sono un elemento patologico caratteristico nella maggior parte dei pazienti affetti da SLA e DFT. I ricercatori hanno impiegato la GWLA in un esteso campione di persone accomunate dalla patologia SLA/DFT e da legami di parentela, per identificare il nuovo locus sul cromosoma 16p13.3.

 (Williams K. L., et al., CCNF mutations in amyotrophic lateral sclerosis and frontotemporale dementia. Nature Communication  – Epub ahead of print Apr 15; 7: 11253.doi: 1038/ncomms11253, 2016).

Dei 34 istituti di provenienza degli autori si citano i seguenti: Department of Genetics, Stanford University School of Medicine, Stanford, California (USA); Sydney Medical School, University of Sydney, Sydney, New South Wales (Australia); Montreal Neurological Institute, Department of Neurology and Neurosurgery, McGill University, Montreal, Quebec (Canada); Department of Neuroscience, Mayo clinic, Jacksonville, Florida (USA); Department of Neurology and Laboratory of Neuroscience, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano (Italia).

Nel 1892 Arnold Pick, medico neurologo ed istologo di Praga, descrisse per la prima volta una speciale forma di degenerazione cerebrale in cui l’atrofia non era diffusa come nelle forme fino ad allora osservate, ma era circoscritta all’interno dei lobi, con un prevalente interessamento del lobo frontale e di quello temporale. Il processo patologico riguardava sia la materia grigia corticale, interessata nelle altre forme note di atrofia, sia la sostanza bianca. Per questi caratteri, Pick decise di denominare il nuovo quadro patologico associato a demenza sclerosi lobare invece di sclerosi corticale. Nel 1911 fu pubblicato da Alois Alzheimer un accurato studio microscopico di questo disturbo. Attualmente, nella diagnosi di demenza frontotemporale (o FTD, da frontotemporal dementia) si comprende un gruppo eterogeneo di sindromi definite clinicamente da un graduale e progressivo cambiamento nel comportamento e nella condotta personale e/o da un graduale e progressivo deterioramento della funzione comunicativa verbale. Inizialmente i sintomi si manifestano senza interessare altri domini cognitivi e raramente esordiscono oltre i 75 anni. In un certo numero di casi i disturbi comportamentali e del linguaggio si accompagnano a parkinsonismo o a manifestazioni della malattia del motoneurone. Il reperto neuropatologico principale consiste in una degenerazione lobare frontotemporale (FTLD, da frontotemporal lobar degeneration), che caratterizza una tipologia ripartita in sottotipi sulla base di colorazioni istochimiche e, più recentemente, della predominanza di certe anomalie molecolari[1].

Storicamente, i sottotipi di FTLD sono stati classificati in base alla presenza di accumuli anomali della proteina tau (FTLD-tau) o di inclusioni ubiquitina-positive e tau-negative (FTLD-U). Poiché spesso i pazienti affetti da SLA presentano segni neurologici evidenti di interessamento del lobo frontale insieme con un quadro neuropatologico che ricorda quello della FTLD-U, è stata proposta la tesi secondo cui SLA e DFT (o FTD) sarebbero due manifestazioni clinicopatologiche distinte in uno spettro di possibili evoluzioni degli stessi processi elementari di malattia. A supporto di questa tesi, in anni recenti sono stati raccolti dati istopatologici riguardanti due proteine: TDP-43 e FUS. Le due macromolecole peptidiche mostrano anomalie in entrambe le malattie. Sulla base di questi ed altri dati di neuropatologia molecolare è in atto un lavoro di riclassificazione di SLA e DFT.

Per quanto riguarda la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), dopo aver ricordato che gli elementi neuropatologici caratterizzanti sono la perdita dei motoneuroni, la presenza di inclusioni ubiquitina-positive nei neuroni di moto rimanenti e la deposizione di aggregati patologici di TDP-43 come in molti casi di DFT, riportiamo un brano da una nota di recensione del professor Rossi:

“La prima descrizione della sclerosi laterale amiotrofica si fa risalire a Charcot, che studiò con Joffroy gli aspetti patologici di quel quadro clinico mai descritto in precedenza, pubblicando un dettagliato resoconto nel 1869, e con Gombault, come risulta dalla pubblicazione del 1871. In una serie di letture accademiche, proposte fra il 1872 e il 1874, Charcot fornì un’esposizione accurata e completa di tutto quanto era stato osservato e trovato su quella grave forma di perdita progressiva della funzione muscolare. In Francia, la sindrome fu subito chiamata Malattia di Charcot, ma il neurologo e neuropatologo francese raccomandava la denominazione riassuntiva dei tre aspetti salienti e diacritici: sclerosi laterale amiotrofica. E con tale nome fu recepita dalla nosografia anglo-americana. In precedenza, nel 1858, Duchenne aveva descritto una paralisi labioglossolaringea, denominazione corretta da Wachsmuth nel 1864 in paralisi bulbare progressiva. Nel 1869 Charcot richiamò l’attenzione sull’origine nucleare della paralisi bulbare progressiva, e nel 1882 Déjérine la mise in rapporto con la Malattia di Charcot. La maggior parte degli autori attribuisce ad Aran e Duchenne le prime descrizioni di atrofia muscolare progressiva di origine spinale, ma questi casi clinici erano erroneamente attribuiti dai due neurologi ad una patologia primariamente muscolare[2]. Fu Cruveilhier a notare per primo l’assottigliamento delle radici motorie anteriori del midollo spinale nell’esame autoptico di questi pazienti e a ricondurre a patologia del midollo spinale la conseguente perdita di tono, trofismo e riflessi dei muscoli[3].

Questi cenni storici ci introducono alla realtà clinica secondo i criteri nosografici attuali, che si basano sul concetto di “malattia del motoneurone”. Tale definizione comprende un gruppo di disturbi degenerativi progressivi che interessano le cellule nervose motorie del midollo spinale, del tronco encefalico e della corteccia cerebrale, che si manifestano con debolezza muscolare, atrofia e segni di lesione piramidale in varia combinazione. Nel sistema nervoso centrale distinguiamo, in base ad un criterio anatomo-clinico, un motoneurone inferiore o spinale e un neurone motorio superiore collocato nei segmenti più craniali del nevrasse: la patologia può riguardare solo il neurone inferiore, come nel caso dell’atrofia motoria spinale (AMS), solo il neurone superiore, come nella paraplegia ereditaria spastica (PES), o entrambi, come nella SLA.

Anche se approssimativamente il 90% dei casi di malattia del motoneurone è sporadico, ovvero non legato ad eredità familiare, la massima parte della ricerca sulle cause si è concentrata sulle forme familiari di SLA e AMS, identificando mutazioni causali in geni specifici. Nelle forme autosomiche dominanti di SLA familiare, le proteine mutanti acquisiscono spesso proprietà tossiche, che direttamente o indirettamente interessano le funzioni del motoneurone, mentre nelle forme di AMS, che sono autosomiche recessive, in genere manca la proteina funzionale codificata dal gene mutante. Di seguito, si riportano alcune nozioni essenziali emerse dalla ricerca sulle forme ereditarie di SLA, indicate in inglese con l’acronimo invertito ALS (amyotrophic lateral sclerosis)[4].

Nel 5-10% dei casi di SLA familiare (fALS) ad eredità autosomica dominante (ALS1) si verificano mutazioni nel gene della metalloproteasi rame/zinco superossido dismutasi 1 (SOD1)[5]. Nella ALS2 delezioni autosomiche recessive sono state identificate nel gene ALS2, che codifica l’Alsina, una proteina che regola le GTPasi. Mutazioni in Dynactin p150glued sono state associate a casi ad eredità autosomica dominante di malattia del motoneurone e possono, come varianti alleliche, agire da fattori di rischio per la SLA. Nella ALS4, una rara forma giovanile autosomica dominante, sono state descritte mutazioni nel gene SETX che codifica la senataxina, che contiene un dominio DNA/RNA elicasi con omologie con altre proteine note per ruoli nell’elaborazione dell’RNA. Sono state associate alla SLA anche VAPB, OPTN, VCP e due geni implicati nel metabolismo dell’RNA: TDP43 e FUS. Individui omozigoti per particolari aplotipi del promotore del VEGF presentano un accresciuto rischio di SLA[6][7].

Tornando al lavoro recensito, gli autori hanno impiegato la GWLA (genome wide linkage analysis) per studiare il nuovo locus sul cromosoma 16p13.3. Il sequenziamento dell’intero esoma ha identificato una mutazione missense CCNF a questo locus. L’interrogazione dei grandi campioni internazionali ha consentito di identificare altre nuove varianti CCNF in SLA e DFT sporadiche e familiari.

CCNF codifica la ciclina F, un costituente di un complesso E3 ubiquitina-protein ligasi (SCF (Cyclin F)). L’espressione di CCNF mutanti in cellule neuroniche causava una anomala ubiquitinazione ed accumulo di proteine ubiquitinate, inclusa TDP-43 e un substrato SCF(Cyclin F).

Questi risultati implicano meccanismi comuni, associati alla omeostasi proteica, sottostanti la degenerazione neuronica.

 

L’autrice della nota ringrazia Isabella Floriani per la correzione della bozza e il prof. Giovanni Rossi per il contributo e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-23 aprile 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Mackenzie  I. R. A., et al., Acta Neuropathologica 119 (1): 1-4, 2016. Si ringraziano Rudolph E. Tanzi, Lars Bertram e Christina M. Lill.

[2] Di passaggio ricordiamo che, a quel tempo, il rapporto fra nervo e muscolo non era ancora bene definito: nel 1869 Kühne, nelle sue pionieristiche osservazioni microscopiche della giunzione neuromuscolare, afferma che il nervo non entra mai nel cilindro contrattile; ma molti non vi danno credito e continuano a supporre una continuità fra nervo e muscolo, simile a quelli che i reticolaristi (compreso lo stesso Freud) ipotizzano fra i neuroni del cervello.

[3] Per questi cenni storici si ringrazia la professoressa Monica Lanfredini.

[4] Per questi dati si ringraziano le professoresse Diane Richmond e Nicole Cardon.

[5] In proposito, si ricordano gli studi condotti dal gruppo di Lucia Banci presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze, e gli altri lavori su questo argomento da noi recensiti (v. nella sezione “Note e Notizie”). Attualmente almeno 10 differenti loci (ALS1-10) si ritiene che possano essere all’origine di forme “pure” di SLA (ALS, nell’acronimo inglese) per linkage genetico e per sette di essi sono stati descritte mutazioni causanti la malattia (v. in Brady, Siegel, Albers, Price, Basic Neurochemistry, pp. 727-729, AP Elsevier, 2012).

[6] È suggestivo che VEGF, una citochina implicata nell’angiogenesi e deputata a molte altre funzioni, possa giocare un ruolo come gene di suscettibilità per la SLA.

[7] Note e Notizie 17-10-15 MicroRNA nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Si raccomanda la lettura di questo articolo e delle decine di interessanti recensioni presenti nella sezione “Note e Notizie”: nel loro insieme possono costituire un completamento ed un aggiornamento delle trattazioni manualistiche più recenti.